Florovivaismo, chiarimento sulla rivendita di piante acquistate da terzi

Il settore del florovivaismo è continuamente interessato da modifiche normative, interpretazioni dell’Agenzia delle Entrate, e sentenze dei Giudici Tributari. Ne riportiamo di seguito un riassunto.

Un aspetto piuttosto controverso è quello riguardante la rivendita da parte di florovivaisti di piante acquistate da terzi. L’articolo 2135 del Codice Civile dispone che sono considerate attività agricole connesse la “manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione”. Significa che nell’ambito dell’attività agricola e della tassazione catastale rientra anche la vendita di piante acquistate da terzi, a condizione che non siano prevalenti rispetto a quelle prodotte in proprio. Un’ulteriore condizione, per aversi la connessione con l’attività agricola, è che i prodotti acquistati da terzi abbiano subito una sostanziale “manipolazione” o “trasformazione”; invece, la semplice conservazione, commercializzazione e valorizzazione non dà luogo ad attività connesse (Agenzia delle Entrate, circolare n. 44 del 2004). Con riferimento alle attività di manipolazione / trasformazione, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che le seguenti attività effettuate su piante acquistate da terzi:

  • concimazione e inserimento all’interno del terriccio di ritentori idrici
    al fine di garantire la shelf-life del prodotto;
  • trattamento delle zolle, al fine di eliminare gli insetti nocivi all’apparato radicale;
  • altre attività come la potatura, la steccatura e la rinvasatura

hanno carattere di effettiva manipolazione e di conseguenza, ai fini fiscali, rientrano tra le attività che beneficiano della tassazione catastale, nel rispetto del limite della prevalenza del prodotto proprio.

In mancanza dei requisiti descritti (manipolazione / trasformazione e prevalenza) si è in presenza di un’attività commerciale, tassata sulla base della differenza tra i ricavi ed i costi relativi, per la quale va tenuta apposita contabilità separata. Dal 2020 è in vigore una norma che permette di applicare una tassazione forfettaria a questo tipo di attività commerciale: per la commercializzazione di piante vive e prodotti della floricoltura acquistate da imprenditori florovivaistici, nei limiti del 10% del volume di affari, da altri agricoltori florovivaistici, il reddito tassato Irpef è calcolato sul 5% dei ricavi.

Nella pratica non sono rare contestazioni da parte dell’Amministrazione Finanziaria nei confronti di imprese florovivaistiche su questi argomenti, con applicazione di sanzioni e altre possibili gravi conseguenze, quali la decadenza dalla qualifica di IAP. Ad esempio, recentemente la Commissione Tributaria Provinciale di Bologna si è pronunciata su un accertamento emesso a carico di un florovivaista che, secondo i controllori, rivendeva piante acquistate da terzi senza averle sottoposte ad alcun processo di manipolazione. I verificatori avevano interpellato alcuni fornitori del florovivaista, che avevano dichiarato che alcune piante potevano essere già pronte per la rivendita, senza necessità di compiere ulteriori attività sulle stesse. Di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate ricalcolava il reddito imponibile, aggiungendo ai redditi catastali la differenza tra ricavi e costi di queste piante acquistate da terzi. L’impresa si è difesa con perizie tecniche asseverate, che rilevavano come le piante prima della rivendita fossero state invece sottoposte a complesse attività di manipolazione. I Giudici di primo grado hanno dato ragione al contribuente, affermando che non è sufficiente la potenziale idoneità alla commercializzazione, ma deve essere l’Ufficio delle Entrate a provare nel caso concreto la mancanza delle attività di manipolazione / trasformazione.

Si consiglia, in particolare, di fare attenzione al tempo di permanenza in azienda della pianta, dato dal confronto della data di acquisto con quella di rivendita: nel caso in cui risulti estremamente breve, è opportuno essere pronti a dimostrare lo svolgimento di un’attività di manipolazione. Nel 2018 la Commissione Tributaria di Pistoia ha sostenuto che nel caso in cui tra l’acquisto e la rivendita dei prodotti intercorra un lasso di tempo brevissimo si presume l’esistenza di un’attività commerciale, e spetta in tal caso al contribuente provare di avere effettivamente svolto attività di manipolazione / trasformazione prima della rivendita.